Shaka Ponk. Imagen diseñada por Cesare Metello.
Shaka Ponk. Imagen diseñada por Cesare Metello.

Shaka Ponk: le prime «rockstars» che sciolgono il gruppo per motivi ecologici

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In aliis linguis

Il nome Shaka Ponk, comunemente abbreviato SHKPNK, probabilmente non vi suonerà granché. Ma vi assicuro che in Francia li conosce chiunque, dopo vent’anni di carriera musicale, tante hit (forse vi ricordate “my name is Stain”, che in Italia si ascoltó parecchio per radio), videoclip lussuosamente realizzati e una fanbase molto affezionata che garantisce loro di riempire arene da 20.000 persone. Nel loro ultimo tour, hanno fatto il tutto esaurito in oltre 60 spettacoli, per un totale di un milione e mezzo di biglietti venduti.

foto cedida por Eric Canto https://www.ericcanto.com/ https://www.rocksound.fr/
Foto © Eric Canto https://www.rocksound.fr/, gentilmente ceduta a 15/15\15 per la sua utilizzazione.
Musicalmente possono piacere o no, ma non è questo il punto. Personalmente li adoro e, nonostante non abbia mai avuto molto interesse per le band mainstream e raramente assisto a grandi concerti, quando seppi che sarebbe stato il loro ultimo tour vinsi le mie reticenze e decisi di andare a vederli dal vivo, approfittando del fatto che ero di passaggio a Marsiglia.

Avevo già notato che, in mezzo a canzoni emotive o stile “guarda quanto sono sexy”, avevano anche qualche pezzo a tematica più impegnata: con testi animalisti, pacifisti, ambientalisti e per i diritti LGTBIQ+…pur restando nei limiti semplicistici e potabili di un repertorio orecchiabile, adatto a tutti i tipi di pubblico. Ecco perché rimasi piacevolmente sorpreso nel vedere la bandiera di Sea Shepherd sul palco, e sentire la band chiedere esplicitamente al pubblico di sostenere Paul Watson nella sua lotta per difendere le balene e gli ecosistemi marini. Ma anche questo avrebbe potuto essere aneddotico, una mossa da ambientalista poser.

Poco dopo, però, la formazione dedicò il concerto a tutto il pubblico presente (ci mancherebbe) ma soprattutto agli assenti: in particolare “agli attivisti che non hanno potuto venire perché stanno resistendo, arrampicati sugli alberi, contro l’avanzata di un progetto inutile ed ecocida: la costruzione dell’autostrada A69”. Questo sí che mi sorprese: si trattava di una posizione molto più radicale, che profumava a Soulevements de la Terre!

Tuttavia, la ciliegina sulla torta arrivó verso la fine dell’esibizione, quando il carismatico frontman François Charon, conosciuto con il suo zarrissimo diminutivo “Frah”, pronunciò questo appello biocentrico e anticonsumistico (cito a memoria):

Mi fa piacere che siate cosí numerosi, e che siate un pubblico cosí intergenerazionale: è bello che ci siano così tante famiglie con bambini… È molto importante trascorrere del tempo di qualità con i nostri figli… Stiamo lasciando loro in eredità un pianeta gravemente ferito, ed è nostra responsabilità insegnare loro a prendersene cura e ad amarlo. È fondamentale che imparino il prima possibile a dare la giusta importanza alla Natura, alla Vita e non agli oggetti. A causa del desiderio di accumulare oggetti, siamo sempre di corsa e non prestiamo abbastanza attenzione alle persone che amiamo, lavoriamo sempre e così la felicità ci sfugge, perché pensiamo che saremo felici quando avremo comprato quella macchina, che saremo felici quando avremo fatto quel viaggio, che saremo felici dopo aver finito di pagare il mutuo della casa… E in questo modo la vita ci scappa… Ma stasera, signori, stasera siamo Shaka Ponk e vi renderemo felici QUI e ADESSO!”

(Ovazione entusiasta del pubblico in delirio mentre attacca un pezzone famoso, inizia un pogo selvaggio, e stage diving del cantante che si butta di schiena sulla platea in ebollizione.)

Foto © Nicolas Patault @nicolaspatault, gentilmente ceduta a 15/15\15 per la sua utilizzazione.

Sì, riconosco che potrebbe sembrare un discorso superficiale, che ricorda il famoso “abbiamo lavori che odiamo per comprare cagate di cui non abbiamo bisogno” del mitico romanzo/film Fight Club. Tuttavia, era chiaro che non si trattava solo di populismo da stadio… era chiaro che dietro c’era una consapevolezza molto nitida del vicolo cieco in cui ci trovavamo, e in quel momento pensai “‘sto qua ha letto Aurélien Barrau, e probabilmente anche Pablo Servigne… non è mica un poser qualunque, ‘sto qua è uno dei nostri”. Ero andato al concerto perché avevo passato anni ad ascoltare i loro dischi in loop, ero rimasto impressionato dalla qualità della produzione, del disegno luci, dei video… ma dopo quel discorso, tutto questo passava in secondo piano: ora mi scioglievo dall’entusiasmo perché all’improvviso la potenza e l’autenticità del suono si erano unite alla potenza e all’autenticità del messaggio.

Tornai a casa con la curiosità di conoscere meglio le idee di Frah e Sam (la cantante di colore che dal 2010 condivide con lui il ruolo di frontman). Le loro preoccupazioni e la loro visione mi sembravano molto simili alle mie. Andai a vedere qualche intervista su Internet, e venni a sapere una notizia incredibile (con imperdonabile ritardo, visto che l’avevano annunciata dall’inizio del 2022): la ragione ufficiale dello scioglimento della band era “perché l’industria dell’intrattenimento è ecologicamente insostenibile”. Gente che si faceva pagare 150.000 euro per un’ora di esibizione in un festival, rinuncia alla vita da rock star per restare coerente con i suoi principi. Perché non poteva restare indifferente alle tonnellate di bicchieri di plastica usa e getta che vengano utilizzate ai concerti, o all’enorme impronta di carbonio generata dal trasporto di migliaia di persone fino all’evento. Whow! Non è forse degno di ammirazione?

Corinne Morel Darleux, nel suo libro Meglio affondare con dignità che galleggiare senza grazia, cita diversi esempi di persone che hanno abbracciato questo tipo di rinuncia come un atto di coerenza e dignità, un tipo di rinuncia che è allo stesso tempo riappropriazione esistenziale, astensione dal perpetuare il ruolo che il sistema si aspetta da noi, e diserzione dal business as usual.

Non dico che questi musicisti parigini non abbiano già soldi a sufficienza, ma saper dire “basta”, rinunciando ad accumulare sempre più denaro e successo non è mai facile come sembra, soprattutto quando avrebbero la scusa perfetta: la loro voce era foriera di un messaggio di vitale importanza, e una parte del loro cachet era donato a cause benefiche.

The Final Fucked Up Tour
Manifesto dell’ultimo tour.

Infatti, oltre a finanziare Sea Shepherd Francia, SHKPNK ha preso l’iniziativa di sponsorizzare una campagna dell’UNICEF per aiutare i bambini di Gaza, alla quale ha donato 100.000 €. In una Francia istituzionalmente abbracciata al diritto a difendersi di Israhell, dove le prime manifestazioni pro-palestinesi furono vietate e tacciate di “antisemite”, Frah e Sam furono tra i primi a difendere in un dibattito televisivo l’ovvietà che, per quanto abominevole possa essere stato l’attacco del 7 ottobre, i bambini di Gaza non sono terroristi. Che i bambini non appartengono a nessuna fazione, sono semplicemente bambini e come tali devono essere protetti.

Che opinione tremendamente ingenua! no? Sarà per questo che non è stata presa molto sul serio, e un anno dopo continuano ad uccidere minorenni ogni giorno, sia con le bombe, sia con il freddo, la fame e le malattie, e non solo a Gaza, ma anche in Cisgiordania, Libano e Siria.

Per SHKPNK, come per l’ecofemminismo, la vita deve essere messa al centro. E questo ovviamente significa prendere posizione contro tutte le guerre, sia quelle mediatizzate che quelle dimenticate. Ma la vita (i francesi usano l’espressione “le vivant”, il vivente) include tutti gli esseri viventi, senza distinzione. Comprende l’intero regno animale e anche quello vegetale.

Ad esempio, durante il concerto tenutosi nell’arena di Nîmes, Frah tenne un discorso —seguito da un catartico rituale collettivo— non solo per chiedere scusa a tutti i tori torturati in quell’arena, ma all’intero pianeta:

Non c’è bisogno di andare così in alto o così lontano, amici, per trovare magia e bellezza… non c’è bisogno inventare niente per trovare magia e bellezza. Magia e bellezza sono già qui, sono già intorno a noi, solo che ci sfuggono, non le vediamo più. Per esempio, la Natura, quella sí che è una magia. Una magia e una bellezza che non vediamo più. Per esempio, questo cazzo di pianeta, lui sí che è una magia e una bellezza che non vediamo più. E ogni essere vivente, ogni essere vivente è una bellezza e una magia che non vediamo più, e che merita il nostro rispetto, la nostra benevolenza, la nostra umiltà. Ogni essere vivente, ogni animale, persino un toro, ha bisogno della nostra benevolenza, del nostro amore, del nostro rispetto, della nostra umiltà. Per ogni luce che avete acceso, c’è un toro che merita rispetto, umiltà e benevolenza, amici… per ognuna di queste luci, noi siamo SHKPNK e siamo qui nell’arena di Nîmes per offrire uno spettacolo che celebra la vita, e non la morte! Quindi per questi tori caduti qui, faremo una grande danza, una danza del perdono, una danza circolare, per chiedere a questi tori, e alla Terra, un misero perdono.

Sui social media di Frah si possono trovare moltissimi video in cui esprime le sue idee. Ha anche pubblicato alcune foto iconiche, come un selfie con Paul Watson e Lamya Essemlali e un altro in cui è seduto sul divano accanto ad Aurelien Barrau. Per me, quella foto in particolare è leggendaria… oltre a confermare la mia intuizione iniziale, è una sorta di quadratura del cerchio. Il mezzo e il messaggio, la musica e la filosofia. Questo sí che sarebbe un bel poster da appendersi in camera… Come se il cantante dei Rage Against the Machine si fosse scattato una foto con Ted Kaczynski.

l'astrofisico e filosofo biocentrico Aurelien Barrau, insieme a Frah degli SHKPNK
L’astrofisico e filosofo biocentrico Aurelien Barrau, insieme a Frah degli SHKPNK.

Nel suo entusiasmo biocentrico, Frah ha persino collaborato con Thomas Brail, un attivista diventato molto famoso in Francia per i suoi scioperi della fame e della sete, mentre occupava la cima agli alberi che qualche macroprogetto minacciava di abbattere. Fondatore del Groupe National de Surveillance des Arbres (GNSA), Thomas è stato e resta uno dei volti più visibili di un movimento popolare che pratica la occupazione di spazi naturali (come le ZAD = zone da difendere) per impedirne la distruzione.

Per un artista, fare apologia dell’azione diretta ecologista è coraggioso, poiché può risultare in una perdita di fans… ad esempio, un hater commentò cosí il reel di Frah con Thomas Brail: “Ma smettila con sta storia di Thomas Brail, non è facendo il criminale che migliorerà le cose. Sono stufo di voi pagliacci che pensate di sapere tutto sulla società. Il vandalismo non ha mai risolto niente.” A cui risponde in un altro video:

Thomas Brail
“Per cominciare, non è vero… a volte il vandalismo è una buona soluzione. E comunque bisogna puntualizzare, mio caro amico: Thomas Brail non è un criminale. È un fuorilegge, che non è la stessa cosa. Al giorno d’oggi, essere un criminale non ha nulla a che vedere con essere un fuorilegge. Ti rendi conto che, dato ciò che sta accadendo su questo pianeta a causa della deriva degli industriali e dei politici del nostro tempo, sono piuttosto coloro che fanno le leggi i veri criminali, no? Perché queste leggi servono solo a contrastare la volontà della maggioranza, il che non è del tutto corretto in una democrazia… E poiché queste leggi servono sempre più a favorire l’espansione esponenziale di un sistema che si basa sul saccheggio delle risorse e sulla scomparsa del vivente, beh, allora sono leggi di merda, no? Pertanto, uno dei modi per proteggere gli esseri viventi e la natura è quello di stare al di fuori della legge. In linea di principio, è l’unica possibilità che ci rimane per evitare il peggio e contrastare le aberrazioni ecocide che si stanno verificando. Disobbedienza. Di fatto, agire al di fuori della legge è diventato praticamente di pubblica utilità, grazie ai politici odierni. In questo momento storico, credo che il nostro dovere sia resistere. Beh, sì, non l’avevamo previsto, avevamo altri programmi, altri progetti in testa… Ma ci tocca resistere, perché se continuiamo a tacere, a seguire le regole e i dogmi dei politici e degli industriali di oggi, se continuiamo a comportarci come tutti gli altri, molto presto non ci sarà più nessuno, su questo pianeta.

E comunque Thomas si arrampica sugli alberi per evitare che vengano abbattuti: ne esistono peggiori, di forme di vandalismo, no? C’è la Total Energies, per esempio, e il governo che lavora per la Total Energies: loro sono i vandali numero uno, non trovi? Almeno secondo me…

E in risposta a una fan che si lamenta dei suoi discorsi “colpevolizzanti”, risponde:

Siamo d’accordo sul fatto che l’inazione politica e l’iperattività industriale sono responsabili della catastrofe in corso, ma se telefono a Macron, o a Total Energies, o al signor McDonald’s, non penso che mi rispondano. Invece, questi politici e industriali che stanno distruggendo il pianeta e ci stanno conducendo verso l’apocalisse sono stati eletti dalla gente, e sono le persone, quelle che consumano principalmente prodotti industriali che inquinano, invece di prodotti sostenibili. È un dato di fatto: alla gente non importa niente che politici come Macron o catene come McDonald’s saccheggino il pianeta in totale impunità. A proposito, McDonald’s non è un ristorante, un McDonald’s o un Burger King non servono cibo: se mangi lì per 40 giorni di fila, muori… sul serio! Nessun ristorante lo farebbe… Comunque, è per questo che non smetterò mai di ripetere la stessa cosa alla gente —visto che a Macron non importa quel che io dica— ai consumatori, di smettere di acquistare i prodotti che vedono nelle pubblicità in TV e di boicottare il più possibile le industrie non etiche; Chiedo agli influencer e ai media di smetterla di prostituirsi con le marche e gli sponsor, perché, per quanti soldi offrano loro, non compenseranno mai il danno al subconscio collettivo dei loro followers e —per trasposizione— il danno ambientale che ne consegue. E naturalmente, mi dirigo agli elettori: basta votare per le persone giuste, e le lobby cadranno. Vedete, alla fine le persone hanno una certa responsabilità in tutto questo… Abbiamo imparato molte cose in questo mese di ottobre 2023: ad esempio, che progetti ecocidi come l’A69 si moltiplicheranno nella più totale impunità, nonostante sia stato dimostrato che sono ecologicamente catastrofici e totalmente inutili per la comunità (a parte arricchire alcuni azionisti, tra cui alcuni finanziatori della campagna elettorale di Macron). Ora la vita è così… Abbiamo anche saputo che l’Agenzia per la Transizione Ecologica sta finanziando la Total Energies con nientepopodimeno che 5 milioni di euro… Abbiamo saputo che il glifosato, in Francia, sarà utilizzato per altri dieci anni perché è stato giudicato “senza controindicazioni” da una filiale pagata dalla Monsanto. E soprattutto, e ci tengo a sottolinearlo perché è molto importante, abbiamo imparato che se decidi di andare a manifestare contro la scomparsa del vivente, diciamo per una voglia improvvisa di protestare contro l’accelerazione esponenziale del collasso ecologico, allora Macron manderà un mucchio di polizia antisommossa a spaccarti la faccia. A proposito, cari poliziotti antisommossa, con tutto il rispetto, sappiate che quando menate le persone che manifestano per la protezione del vivente, in realtà state colpendo dei bambini, e più precisamente, i vostri figli.

Sono le persone, che hanno votato per un tizio che è in guerra con tutti (tranne che con le lobby e gli ultra-ricchi) e sono i media, che dimenticano di informare la gente che la Sesta Estinzione di Massa è in atto, perché parlarne non è redditizio. I giornalisti hanno paura dei loro redattori, che hanno paura dei loro direttori, che vogliono compiacere i loro azionisti, i cuali non vogliono infastidire le lobby e i politici, che sono in ultima istanza i responsabili dell’ecocidio. È un circolo vizioso che corrompe i media trasformando i giornalisti in negozianti, che trasforma i politici non più in protettori ma in criminali, e che trasforma gli industriali in padroni e finanziatori di entrambi. Questo circolo vizioso è possibile solo perché noi, come elettori e consumatori, lo permettiamo…

Paul Watson (fondatore di Sea Shepherd) e Lamya Essemlali (direttrice di Sea Shepherd France) con Frah e Sam
Paul Watson (fondatore di Sea Shepherd) e Lamya Essemlali (direttrice di Sea Shepherd France) con Frah e Sam.

Insomma, ora sapete chi erano gli SHKPNK. Ancora un po’ e invitavano Greta Thumberg a dare un discorso al loro ultimo concerto, o mettevano la clessidra di XR sulla copertina del loro ultimo album. È un peccato che non suonino più. Speriamo che il loro sciopero musicale possa stimolare una seria riflessione sullo stato delle cose. Magari ci fossero più artisti così consapevoli della drammatica situazione di questo pianeta, e capaci di trasmettere un messaggio così potente e coerente. È vero che ci sono già alcuni professionisti della musica che si dedicano a diffondere un messaggio di allarme eco-sociale, come gli inglesi FOALS, Oli Frost o il rapper Xiuhtezcatl… ce ne sono addirittura alcuni, come il musicista americano Grey Filastine con la cantante indonesiana Nova, o il pianista Yann Tiersen (quello della colonna sonora di Amelie) che hanno smesso di fare tournée normali e ora vanno a suonare in giro per il mondo in barca a vela.

Esistono anche collettivi come Music Declares Emergency e una serie di progetti come Musicians for Sustainability, Music Climate Pact, ClimateMusic o The Freaks. Allo stesso tempo, sempre più artisti affermati publicano qualche canzone di denuncia della crisi climatica (Neil Young, Paul McCartney, Billie Eilish, Lana del Rey tra gli altri), e l’industria musicale si sta tingendo di verde con iniziative come EarthPerCent, un’idea di Bian Eno per garantire che una parte dei diritti d’autore venga destinata alla protezione degli ecosistemi e alla mitigazione dei cambiamenti climatici. Ciononostante, tutte queste voci messe insieme sono ancora lontane dal realizzare il cambiamento culturale che sarebbe necessario in un mondo in cui la maggior parte delle star della musica e dello sport considerano ancora il jet privato e lo yacht di lusso come simboli di successo. Senza contare il contesto politico inquietante (francese ed europeo, ma anche di quell’impero decadente dove la libertà è una statua): la finestra di Overton ha sbandato così pericolosamente verso l’autoritarismo che qualsiasi messaggio dotato di un minimo di buon senso viene bollato come estremismo di sinistra, il neoliberismo selvaggio è considerato il nuovo centro del consenso, mentre il fascismo puro e duro è stato normalizzato come una opinione qualsiasi, proprio come genocidi e colpi di stato, che vengono giustificati dai media mentre idolatrano i faraoni dell’oligopolio high-tech.

Ogni volta che vedo un video musicale girato con auto di lusso, che ribadisce la sacra trinità denaro/motori/bellezza standardizzata come misura dell’affermazione personale e unico valore a cui aspirare, mi indigno dal disgusto e immagino i contenuti di cui parlerei io se fossi un cantante famoso. Ora ho finalmente un esempio di una band coraggiosa che ha osato mettere il dito nella piaga. Il che è estremamente necessario, perché le persone che leggono libri e partecipano a conferenze sulla decrescita o sulle crisi sistemiche sono, purtroppo, una minoranza. È stato dimostrato che non sono i dati a muovere le masse, ed è per questo che gli importantissimi sforzi di divulgazione scientifica hanno una portata limitata. E poiché i politici soffrono di cecità ecologica (o malafede istituzionale), dovrebbe essere compito degli artisti e degli influencers, che sanno smuovere il grande pubblico, lavorare per l’urgente cambiamento di paradigma necessario per la conservazione della vita sulla Terra.

PS: SHKPNK è attualmente coinvolta nel progetto The Freaks, un collettivo di artisti da loro fondato nel 2018, impegnato nella salvaguardia del pianeta.

Shaka Ponk. Gráfica di Metello.

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Velista libertario, apolide e poliglotta. Cofondatore della "Cofradía de Navegantes Anarquistas". Dal 2020 si è stabilito con la famiglia sull’isola di Flores, alle Azzorre, dove hanno avviato una piccola fattoria ecologica per promuovere l'autonomia alimentare locale e un modus vivendi sostenibile e resiliente.

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